Trieste - il Teatro Giuseppe Verdi in Piazza Giuseppe Verdi (già Piazza del Teatro)
e su Riva Tre Novembre

L' edificio venne costruito tra il 1798 ed il 1801. Già nel 1795 Giovanni Mattteo Tommasini, rappresentante del Granducato di Toscana a Trieste, si era offerto di costruire a proprie spese un nuovo teatro, destinato a sostituire quello settecentesco di San Pietro. Si decise di utilizzare il fondo retrostante la Dogana Vecchia. Contrastata è la genesi architettonica dell'edificio alla quale concorsero l'architetto Gian Antonio Selva (che progettò anche il teatro la Fenice di Venezia) autore del primo progetto generale, datato maggio 1798, e Matteo Pertsch, cui si deve la progettazione definitiva della facciata principale nel marzo del 1799 (. In seguito a numerosi problemi, tra cui il licenziamento di Pertsch da parte di Tommasini nel 1800, la costruzione dell'edificio venne completata nel marzo del 1801 (Selva aveva subito l'influenza del maestro, Giuseppe Piermarini che aveva progettato la Scala di Milano). Il 21 aprile dello stesso anno si tenne la serata inaugurale del Teatro Nuovo, allora proprietà del ricco commerciante del Cairo, il conte Cassis Faraone, che affittava il teatro al Comune. Nel 1820 assunse il nome di Teatro Grande e solo nel 1901 venne intitolato a Giuseppe Verdi.

   

Alla prima metà del XIX secolo risalgono gran parte delle decorazioni pittoriche interne attribuite a Giuseppe Bernardino Bison, Alessandro Sanquirico, Placido Fabris, Giuseppe Gatteri e Tranquillo Orsi. Le decorazioni interne tuttora visibili vennero invece eseguite da decoratori austriaci negli anni Ottanta dell'Ottocento. Le sculture che adornano la facciata del teatro sono attribuite agli scultori veneti Antonio Bosa e Bartolomeo Ferrari. Nel 1846 si pose mano al rifacimento completo della sala della platea arricchita da decorazioni in legno dorato. In questi anni inoltre venne introdotta l'illuminazione a gas. Tra il 1882 ed il 1884 venne realizzata l'attuale facciata verso il mare, avanzata di sei metri rispetto all'originale, su progetto dell'architetto Eugenio Geiringer. L'edificio è stato interessato da diversi restauri, l'ultimo dei quali tra il 1992 ed il 1997 ha portato al recupero dell'assetto originario della sala.
Le statue inserite in nicchie nella facciata principale raffigurano Plutone dio degli inferi con il cane Cerbero a sinistra e Marte dio della guerra a destra. Sopra è posto un gruppo scultoreo con Apollo affiancato da Melpomene, musa della tragedia e Talia musa della commedia, con maschere teatrali e strumenti musicali. Sotto il cornicione ci sono bassorilievi su pannelli con immagini di strumenti musicali.

Gruppo scultoreo rappresentante Apollo e le Muse Talia e
Melpomene a coronamento della facciata principale.
L'importanza del teatro è legata ad eventi come la prima del Corsaro e dello Stiffelio nel 1850, concertato da Giuseppe Verdi, ai grandi interpreti, e ai direttori gloriosi, quali Mahler, Strauss e Toscanini.
Alla sua inaugurazione nel 1801 la prima rappresentazione fu l'opera Ginevra di Scozia di Simon Mayr. Nella stagione lirica 1843-1844 il Nabucco di Giuseppe Verdi ottenne uno straordinario successo di pubblico testimoniato dalle oltre venti repliche. Nel 1848 ospitò la prima rappresentazione dell'opera, dello stesso autore, Il corsaro e nel 1850 quella dello Stiffelio. Nel 1883 vi venne rappresentata, integralmente, la tetralogia wagneriana diretta dal maestro Anton Seidl. Il repertorio della giovane scuola italiana stentò inizialmente ad imporsi ma, successivamente, le opere di alcuni autori veristi (Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo in particolare) e quelle di Giacomo Puccini entrarono stabilmente nel repertorio del teatro.
Statue raffiguranti Plutone e Marte inserite nelle nicchie
del pianoterra del prospetto principale.
Le varie statue che abbelliscono il palazzo sono opera degli scultori veneti Antonio Bosa e Bartolomeo Ferrari.
La struttura, a pianta rettangolare, è costituita da cinque livelli fuori terra, compresi l'ammezzato e il mezzanino, a cui si aggiunge un sottotetto nella facciata posteriore. Affaccio principale su Piazza Verdi, secondari su Riva Tre Novembre, Via dell'Arsenale e Via San Carlo. La facciata principale presenta un pianterreno con rivestimento a bugnato liscio, su cui si aprono sei fori architettonici posti ai lati di un portico rettangolare che si protende verso la piazza, con pilastri ed archi a tutto sesto in pietra. La struttura sostiene la soprastante terrazza, con balaustre in pietra, su cui si aprono tre porte finestra alternate a quattro semicolonne di ordine gigante con capitello ionico. Ai lati della superficie centrale aggettante si collocano una serie di lesene di ordine gigante con capitelli ionici. Le pareti del primo e secondo piano sono trattate ad intonaco. I fori finestra del primo piano presentano timpano triangolare e finta balaustra, mentre al piano superiore le finestre sono inserite entro una cornice in pietra bianca. A coronamento del prospetto spicca il gruppo scultoreo attribuito ad Antonio Bosa, autore anche delle due statue collocate entro le nicchie del pianoterra. I prospetti laterali sono risolti con una soluzione più semplice, costituita da bugnato liscio al pianoterra ed intonaco ai piani superiori ritmati da fori finestra con timpano triangolare e trabeazione lineare. La facciata posteriore, inizialmente costruita su disegno del Selva, venne rifatta dall'architetto Geiringer riprendendo la struttura del prospetto principale; identico risulta il trattamento dei piani superiori, mentre il pianoterra rivestito a bugnato liscio è privo del porticato ad archi, prospiciente Piazza Verdi. (biblioteche.comune.trieste.it)
Nell'autunno del 1813 la flotta di sua Maestà britannica, in guerra contro Napoleone Bonaparte, durante l'assedio alle truppe francesi asserragliate nel castello di San Giusto, già sotto assedio da quelle austriache giunte via terra dal Carso, scambiò con il castello un nutrito fuoco di artiglieria durante il quale rimasero colpite, altre la chiesa di San Giusto e varie case, anche il teatro dove rimasero incastrate nel suo muro 5 palle di cannone francese da 32 libbre, ancora visibili.

La facciata posteriore del Teatro sulla Riva Tre Novembre. Il teatro è stato oggetto di diverse opere di manutenzione e restauro, la più importante nel 1882-84, quando Eugenio Geiringer realizzò l’attuale facciata posteriore con un avanzamento dell’edificio di circa sei metri verso il mare, incrementando così la capienza del teatro, la facciata riprendeva gli stili di quella principale conferendo all’insieme una maggiore compiutezza e decoro.
Alla prima metà del XIX secolo risalgono gran parte delle decorazioni pittoriche interne attribuite a Giuseppe Bernardino Bison, Alessandro Sanquirico, Placido Fabris, Giuseppe Gatteri e Tranquillo Orsi. Le decorazioni interne tuttora visibili vennero invece eseguite da decoratori austriaci negli anni Ottanta dell'Ottocento. Nel 1846 si pose mano al rifacimento completo della sala della platea arricchita da decorazioni in legno dorato. In questi anni inoltre venne introdotta l'illuminazione a gas.
Curiosità: Al n.1 di Piazza Giuseppe Verdi (ex Piazza del Teatro) c'era la Trattoria al Teatro Grande, aperta tra la fine dell’800 e l'inizio del ‘900,gestita da Giuseppe Jacklitsch. Caffè e ristoranti si sono alternati nell’edificio, seguendo quasi le vicende economiche del Teatro, incerte fin dalla nascita. Nei primi decenni del XIX sec. il Teatro ospitava una Locanda. Nel 1867 venne aperto un Caffè al Teatro Grande, gestito da Giovanni Bonaventura, che durò fino all’apertura della Trattoria ( o Ristorante ) al Teatro Grande.
Dopo la chiusura di questa venne aperto il Caffè Verdi, diretto da G. B. Bressan. Il caffè sopravvisse alla prima guerra mondiale con Carla Farfoglia e comp. Caffe Verdi, così denominato dopo la morte del Maestro, era frequentato in prevalenza da orchestrali e coristi. Rimase chiuso tra le due guerre. (notizie tratte da: http://www.informatrieste.eu/articoli/?x=entry%3Aentry140515-004400)
Curiosità: Antonio Cassis Faraone (1743-1805), eccentrico e ricchissimo uomo d’affari, Gran doganiere del Cairo; per il suo gran potere venne soprannominato “Pharaon”, cioè “colui che ispira paura”. Come gran doganiere d’Egitto gestiva una grande quantità di denaro; in seguito a una guerra civile interna a quella nazione, fu costretto a fuggire precipitosamente, portando con sé un’immensa fortuna con la quale, rifugiatosi a Trieste, compro moltissimi terreni e palazzi, diventando uno degli uomini più ricchi di Trieste. Sue sono state per esempio: la Villa Neker, il Teatro Comunale (poi “Verdi”), la casa Romano, in Piazza della Borsa 12, e moltissimi terreni e immobili. Camminava per città seguito da servitori mori, con i tipici vestiti orientali molto ricchi e variopinti, con tanto di turbante e scimitarra; mentre la moglie girava con vistosi gioielli al collo. Alla sua morte, a 62 anni, lasciò un’enorme fortuna ai suoi eredi.
Per i suoi grandi meriti in campo economico nel 1781 ottenne dal Papa Pio VI il titolo di Conte Palatino, dall'Imperatore Giuseppe II quello di Conte del Sacro Romano Impero e dal Granduca di Toscana Pietro Leopoldo il Cavalierato di Santo Stefano.... da qui il titolo di conte. (Fonte: Dino Cafagna)


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